Leggere i classici serve eccome. Anche davanti ad un cartone
(o
anime, che fa più nerd e meno
infanzia) cuccioloso come
Il cuore di Cosette, traduzione
italiana immancabilmente infantile de
I miserabili: la giovane Cosette.
Già,
I
miserabili di Victor Hugo. Quel mattone capace di spaventare orde di
studenti. Quel libro fantastico che mi ha fatto adorare uno scrittore capace di
avvincerti con 100 pagine sulle fogne di Parigi. Il piacere è stato istantaneo.
Si parlava a tempo perso del nuovo cartone su Italia Uno la
mattina presto: l'ennesima orfanella maltrattata dai genitori adottivi e dalle
sorellastre, che però guarda sempre con un sorriso e del sano ottimismo alla
vita. Anche quando la bastonano (cit.
marnie). Disegni attuali, e solo un
fugace ricordo agli intrattenimenti di quando eravamo bambini.
Poi si scopre che uno dei personaggi è Jean Valjean: link
diretto al file, interesse spedito alla vicenda. Chi è Cosette? Perché è
protagonista? Sarà davvero quella vecchia storia, ad essere raccontata?
Ebbene sì. Tralasciamo gli amichetti della bambina, il
linguaggio stupidamente pomposo, gli episodi alla Lovely Sara, il cane
gigante alla Belle et Sébastien. Il punto di vista è ribaltato, non si parla
di Jean ma di Cosette. E sapete cosa? Ha perfettamente senso. Corro a ripassare
l'intreccio, cerco di ricordare, ed ecco che il fil rouge di tutto il racconto è l'orfanella sventurata: grande merito
agli sceneggiatori.
E poi c'è questa immagine: primo episodio, finale. A Cosette,
4 anni, viene data una scopa enorme per ramazzare. Altro che Cenerentola, il
passaggio è scarno e veloce, e non lascia il tempo di piangere una sola
lacrima, anche se è così brusco che ne percepisci l'orrore. Corri allora a
cercare su
Wikipedia, ed ecco l'immagine corrispondente, quella già famosa di Ѐmile
Bayard. Stupefacente. E' come se ciò che guardiamo oggi, con occhi abituati a
stupide storie e riciclaggio dell'inutile, riacquistasse tutto il suo senso: le
immagini si parlano fra loro, i media si rincorrono, la nostra fantasia non si
esaurisce mai.