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lunedì 1 ottobre 2012

Salvare i remi




Certi dischi sono costruiti attorno ad una sola traccia valida. Dischi pop, per lo più. Dove è consuetudine il riempitivo.
Da lei, ecco, non me lo aspetto mai. E si ripete invece puntualmente. La scialuppa di salvataggio c'è sempre, per fortuna. Te la cavi comunque, oh Regina.


venerdì 20 aprile 2012

Solo un'altra Polly


Questo è un bel ritorno, Amanda con la sua nuova Grand Theft Orchestra. Nulla di stravolgente, solo l'ennesima cover dei Nirvana. Eppure. Sarà (solo) l'accoppiata audio/video che mi smuove. Sono comunque piacevolissime sorprese.
Le si trova anche per il Record Store Day.


mercoledì 14 marzo 2012

Quanto mi piace comprare con la musica nelle orecchie





Nella mia testa ho creato una cartella che si chiama "Musica da camerino". E' la spazzatura che ascolto ogni volta che entro in un negozio-discoteca e che noto nel momento in cui mi ritrovo sola con la mia merce in prova e devo decidere se mi piace o meno. E' lì che mi accorgo di quanto la colonna sonora possa influire sui miei consumi. Soprattutto nei due casi estremi in cui o ballicchio contenta con addosso il mio prossimo acquisto, o scappo infastidita dal baccano.

Per fortuna che qualcuno ha cercato di renderla un oggetto di attenzione scientifica. Mark up ci presenta una ricerca interessante condotta dall’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, e il risultato è che la musica troppo famosa non fa bene per niente. Finisce sì che ci mette di buonumore e vitalità, ma il risultato non si traduce in grande possibilità d'affari: poca determinazione all'acquisto, scarsa attenzione al negozio, voglia di rimanere nel posto pari a zero.

Sarei curiosa di sapere cosa è stato proposto come "musica conosciuta", perché nel mio immaginario è tutta da ricondurre ad una tipologia che poco ha di artistico, dimenticandomi per un attimo che la migliore selezione mai sentita dalle presenti orecchie è quella di Oysho - poco conosciuta dalle masse, ma molto da me.

Nella speranza, insomma, che il negozio-discoteca non prenda piede più del necessario, mi conforto con queste conclusioni. E ora vado a comprarmi un bel paio di scarpe.


Loro sì che riescono ancora a sorprenderci



E' giunto il momento dell'ennesimo video degli Ok Go, Needing/Getting. Di loro si parla solo per questo, no? Se ripenso al primo esperimento, a cosa ha rappresentato, per il mondo del videoclip, non posso che pensare di prostrarmi ai loro piedi per quell'enorme coerenza che dimostrano e per la loro crescita in termini di intenti e Ricerca con la "r" scritta proprio così.
Dopo il video che distruggeva le regole dell'artificio (camera fissa, tapis roulant e tanta inventiva), e dopo aver sperimentato con le possibilità optical dei colori su schermo con WTF, si arriva al secondo grado d'evoluzione: This Too Shall Pass nella sua versione "macchina di Rube Golberg" è una gioia per chiunque, condiviso a manetta su tutte le paginette facebook gridando al capolavoro (34 milioni di visualizzazioni contro le 12 di Here It Goes Again, tanto per dire). Continueranno poi rimaneggiando la stessa idea: colori American Apparel per End Love, o (quelli che si scriverebbe) #canicarini per White Knuckles, e via così con la forza delle coreografie accattivanti.

Oggi però siamo al terzo stadio. Se prima la forma visiva distraeva un bel po' da quella musicale (anzi, diciamolo: del tutto), qui siamo alla fusione completa. E' il video che fa sgorgare la musica. Avevamo già avuto dei timidi accenni, delle idee sparse qua e là, con This Too Shall Pass e White Knuckles. Ora siamo alla consacrazione. L'idea di un'auto che si suona da sola, e che suona oggetti, durante il suo percorso, è straordinaria. Note di produzione segnalano i 1.000 strumenti musicali usati, i 2km di percorso, e il record di visualizzazioni in un giorno. Ma direi di guardarsi, semplicemente, il backstage. Dirà tutto.

Quello che stupisce è la poca risonanza, visto il progetto, avuta nell'ultimo mese. Quasi come se ci fossimo abituati nel farci stupire dagli Ok Go, e il loro gioco non fosse più capace di sorprese. Bene, signori miei: è il caso di riaprire gli occhietti e ricominciare a pensare al fantastico rapporto vista-udito. Un'unione che non smette mai di sorprendere.

lunedì 20 febbraio 2012

Piovosità*




Oggi che piove, è il momento giusto.
E' il momento migliore per un epitaffio - oggi che il clima corrisponde al mio mood meditativo e riflessivo. Oggi che Vitaminic pubblica la sua fine inevitabile. Oggi che si conclude una parte della mia vita.
Di parole se ne dicono tante, e tutte piene di ricordi meravigliosi. Sembra un mondo bello, quello che è stato condiviso a Vitaminic. E lo era. Ma non mi voglio soffermare su alcuni ricordi piuttosto che altri, perché c'è chi sa farlo meglio di me. A me spetta la lirica, il sogno e il ricordo.
A parlare dei rapporti fra le persone (rapporti digitali, ma non per questo meno reali), vien spontanea la parola "famiglia", anche se non è per niente la parola giusta. Non era una famiglia. Era un insieme di menti creative volte allo stesso scopo. Ci si conosce anche solo attraverso le parole. Parole che, dopotutto, vedi impresse sul tuo schermo. Ed in questa sinestesia di esperienze - vista, ascolto, tatto - ho vissuto imparando, facendo, ascoltando, sperando, collaborando…
Ho imparato tanto, nel mio fantastico angolino. Ho dato sfogo a tutta la mia creatività guardando a fuori, al mondo - dal mio angolino. Ho vissuto una bellissima esperienza, ed è ora di uscire dal mio angolino.
Grazie, però, per tutto quello che è stato.
Farewell, Vita/me/nic. Ti storpio perché ti ho tanto amato.



* titolo di marnie

Un concerto, le età della vita


Un concerto che ripassa le età della vita. Che detta così sembra una figata, ma non prendetemi troppo sul serio: intendo qualcosa di più intimo, semplice e modesto. Questa sera ho rivisto i fantasmi del mio passato, ricordi che han fatto di quel concerto una bella esperienza, dopotutto.
La scusa è l'esibizione live for the first [si dice sempre così] time from Berlin, Germany, please welcome to Missincaaaat. Ok, scherzi a parte sull'osannazione del cervello scappato: suona Missincat. Lei, per chi cercasse di orientarsi e me ne chiedesse numi, si distingue precipuamente per: a) vocettina flebile flebile, b) chitarrina, c) atmosfere farfallose con le nuvolettine bianche. Ed è da qui che parto, dal sentirsi bambine. E' una cosa di cui forse non ci si dovrebbe vergognare, no? Però la mia parte cinica se ne è sentita un po' irritata, nonostante si sia voluta ricredere sulla piacevolezza dei suoni messi in campo: un concerto amabile, che accompagna con piacere la fine del weekend. Le diamo un buon voto e passiamo oltre. Facciamo un passetto indietro: il warm up di Lavinia! (il cui ! già mi incasina con la punteggiatura e ci devo mettere due parentesi per dividerla dai due punti): l'adolescenza. Con questo termine si racchiude un'infinità di cose, di sentimenti, di prime esperienze. Ma qui, s'intende io-giovane-ai-miei-primi-esperimenti-con-la-chitarrina. E sto cercando vivamente di non risultare offensiva, anche se mi costa una certa fatica. Dunque. Io. Ai miei tempi me ne stavo abbracciata alla mia chitarra, provavo due accordi, ci mugugnavo sopra qualcosa, mi sentivo la nuova stella del rock, presa nell'euforia dei miei gorgheggi blues. Oh yeah. Poi il momento finiva, e forse è una mia tremenda mancanza di autostima, ma non avrei mai pensato di mettere a parte di quegli esperimenti un palco intero di una città lontana lontana. Avrei fatto prima un buon labor limae (perché studiavo, eh), mi sarei riascoltata dal registratorino che sai, magari la mia voce non è 'sto granchè, e…cose così. Ma invece, stasera è come se qualcuno mi avesse spedita là, su quel palco, senza preparazione. Per fortuna che ho (ha) la precauzione di spiegare "l'ho scritta a 13 anni, abbiate pietà". Ok, io di pietà ne sono piena, ma crediamo davvero che sia opportuno suonare abbozzi di cose in cui neanche tu credi? Un minuto di silenzio per la riflessione.

giovedì 17 febbraio 2011

Back in black




Seconda sera sanremese, gli stili cambiano, le intenzioni rimangono.
Non posso fare a meno di soffermarmi sullo stile Tatangelo, che non è poi così malaccio. In radio ieri si è un po' sminchionata: "non ho scelto nulla, ho fatto fare ad altri perché volevo concentrarmi solo sulla musica". Forse era meglio se ti fermavi al look, guarda.




La Patti-aliena non sfigura, al suo debutto. Peccato per la canzone, per la mise della seconda serata, per la faccia.
Le nuove, giovani proposte non possono non cedere anche loro alla tentazione:




E per finire in bellezza, volevamo mica perderci pure la super presentatrice-cantante in erba? Stile black rock anche per lei! Impossibile cantare senza.


mercoledì 16 febbraio 2011

Se non ti tingi i capelli di nero, te li schiaffi in faccia. Perchè è rock.







Oppure ti fai gli occhi neri e diventi una via di mezzo fra Avril Lavigne e la cantante dei Paramore.....


lunedì 5 luglio 2010

Ten(d)eroni



Forse ha senso. O forse è cattivo gusto.
Devo decidere.

giovedì 1 luglio 2010

I veri giornalisti



Mattina presto. Auto. Radio. Metto su Lifegate, il programma Passengers. C'era un esimio giornalista rockeggiante che parlava delle sue cose, e del gudurioso passato. E' citato pure in una canzone. Poi gli chiedono: cosa ne pensi dei blog, e di chi scrive online? Risposta: non so dove trovano la forza di scrivere a fine serata, io quando smetto ho voglia di andare a giocare a calcetto, svuotare la testa, non mettermi a scrivere sul computer.
OCCAVOLO.

Sarà che forse mi aspettavo di sentire "mi piace molto come scrive quello", e che già mi vedevo ad appuntarmi il nome, l'avrei cercato e visto se codesto signore ci azzeccava. E invece no...
Non lo sa che c'è gente che lavora, è professionista online? Sa che questa cosa qui, proprio questa che scrivo ora, è sì una minchiata, ma che ci sono riviste e blog e cazzate serie, belle, complete, inappuntabili, innovative, stupende, anche sul web? Lo sa che lui lavora per un altro giornalista che ha la sua principale carriera online?
Si sarà sbagliato, dico io.
Non può essere.
Per lui è come se sul web ci fossero stronzate. Gente che fa tictic e fa bisboccia con gli amici.

Ieri sera ho seguito due eventi sull'uso dei social network (Social networking & Job Research, Meet the Media Guru). Era ormai come postulato che anche Facebook, ormai, è una cosa seria.

Insomma, poteva rispondere mille e più cose diverse, e ha scelto la cagata più cagata. Complimenti al vecchio rocker.

martedì 29 giugno 2010

Musica da indossare

Dente - t-shirt uomo. artwork Birò- Drawinginthekitchen

Inizio da qui. Amore per le belle cose, per quelle d'ingegno.
Tipo anche questa:




lunedì 16 novembre 2009

Indie Chic part II





Sto raccogliendo bricioline di superfighità. Sì, certo che la conoscete. Magari siete anche una di quelle. Bricioline che giocano ad essere mulini intenti a far farina contro i quali i poveri mortali possono solo sperare di scontrarcisi.
Non so da cosa derivi tanta spocchia, tanto voler essere più indipendendi degli indie-perdenti.
Tutto ciò che emerge è merda. Tutto ciò che che voi conoscete è amore puro. Salvo poi mollarlo per la prossima roba semi-sconosciuta.
Io so come ragionate, vi vedo coi vostri giudizi affrettati e superiori. Superiori come quelli di bambini che giocano a saperne di più per non manifestare l'insicurezza che li ammorba.
State solo seguendo un'onda.
Vi vedo, devo pensare come voi e aiutarvi nei vostri intenti di dominio del mondo. Ma non siete altro che patinati fancazzisti.

domenica 25 ottobre 2009

Reload?



Se gli anni '90 fossero oggi, sarebbero così.
Se gli italiani avessero orgoglio, non si spaccerebbero per americani.
Ah, ma loro sono così rock..!

giovedì 2 luglio 2009

Indie Chic part I

Wavves "No Hope Kids" from Pete Ohs on Vimeo.



Questo è quello che è stato definito:
a) la nuova scoperta indie
b) il fenomeno rivoluzionario
c) un moccioso scassapalle.

Guardo i video e sono combattuta. Il punto è la veridicità di quel suo atteggiamento. Essere rock è andar contro le regole (del buonsenso, dell'educazione, del perbenismo) perchè metterle in discussione è il modo migliore per riflettere su di esse e su di noi. Va bene. Ma quando tutto ciò diventa solo un gioco? Saranno i tempi, ma sembra tutta finzione. Finzione sua e di chi lo ascolta. Ormai provocare non ha più senso, sembra solo scimmiottamento del passato.
Mi sembra che Wavves sia tanto, tanto fumo.

mercoledì 3 giugno 2009

Musica gratis


Il prezzo del CD è troppo alto? Baggianate. Provate a chiedere: "Quanto dovrebbe costare?". La risposta sarà sempre di 10€ (copioni). Sapete? Esistono anche a 4,90€. Ooohhh!
E poi c'è il mondo di internet: musica gratis. Legale. Tanto che ne scarico a manetta e manco la ascolto più. La chiavetta sta straripando e tutto si accumula.
Per favore, gruppi emergenti: regalare qualcosa va bene, fa venire l'acquolina, però non esagerate. Svendere il proprio lavoro non vi farà conoscere più di altri, buttare in mare canzoni che sperate la gente ascolti non è sempre un bene.
Facciamo così: torno a casa, stacco il cavo web e mi ascolto quello che ho già:



domenica 5 aprile 2009

Disoccupazione Punk


Il punk è morto, si è detto e ridetto. E in molti casi non ho saputo dissentire. D’altra parte lo slogan (così vero, così sincero) era “No future” e probabilmente lo aveva pensato uno di quei giovani delusi, lì in coda per il sussidio di disoccupazione. Ecco. Sussidio a parte, la storia si ripete in un modo dannatamente ciclico. Quell’esclamazione poteva essere l’equivalente del nostro “C’è crisi”, e ‘unica differenza sta nel fatto che oggi il punk è più un genere che non una filosofia di vita - la quale si è incarnata forse più efficacemente nei Winehouse o Doherty di ogni tipo. Ecco, di nuovo. Accostate questi due micro esempi alle Civet: queste quattro ragazze californiane hanno cominciato, 4 album fa, ad urlare e fare casino, decidendo che ci stava bene, coi loro vestitini aderenti e i capelli colorati. Io non posso smettere di guardarle. Quasi vorrei essere così. Sì. E poi quando si mettono ad urlare “You son of a bitch!” conturbano e trasportano. Uno o due accordi, voce incazzata, batteria martellante e giri risentiti: il mix c’è tutto. Più che “No future” sembra si abbia bisogno di credersi immortali bevendosi una birra dopo l’altra. E io che sono giovane, mi credo già vecchia. Trapassata ben presto alla disoccupazione, senza neanche una Civet a sapermi consolare.

mercoledì 4 febbraio 2009

Finire il nostro ascolto



Mivengono in mente il vinile e la cassetta. Quando non si poteva andare avanti o indietro se non con immensa fatica. Mi viene in mente la libreria virtuale sul mio computer, dove una canzone è un mucchietto di byte facilmente trasferibile ai miei migliori amici. E se cerco il modo di collegare questi due pensieri, trovo lì pronto questo disco di Duncan Lloyd. Non me ne ero dimenticata, visto che è uscito nel 2008. Ma ad oggi mi risulta sempre più inascoltabile. Non nel senso musicale, ma "fruivitivo". 100 TRACCE! 10 tracce a canzone. 15 secondi per traccia. Non so se rendo l'idea. Il mio lettore cd salta ogni 15 secondi.
E' a questo che ci ha portato il mondo digitale? Per paura di copie biricchine si scovano tali escamotage? Siamo proprio messi male. Va bene, facciamo questo sforzo. Prima tracci(n)a, primo riff di chitarra. Mi sembra tutto uguale, ma forse è perchè ogni 15 secondi questo riff si ripete, secondo variazioni, canzone per canzone. Duncan Lloyd ha trovato qualcosa che sapeva fare bene e gli piaceva, e l'ha ripetuto a manetta fino all'ultima nota.Il buon chitarrista Maxïmo Park (unico motivo per comprarlo, secondo il bollino rosso appiccicato sopra) si cimenta in un genere diverso dalla sua solita band, infischiandosene di quella bella Our Velocity o di tirare avanti la carretta che non sta più producendo meraviglie come all'inizio. Cambia faccia e si butta su un genere molto più '70s, vintage, direi quasi canzonettistico. La chitarra, manco a farlo apposta, è la protagonista, è spigolosa e non ne vuole sapere di starsene da parte.
Ora vado ad ascoltare le tracce su YouTube: ecco dove è finito il nostro ascolto.