venerdì 3 ottobre 2008

E' meglio essere


Caro Signor Finn, mi chiedo perchè hai deciso di fare proprio questo tipo di disco. Non me ne volere, sai, solo che è da un po’ che mi scervello su come comprenderti. Mi è piaciuta tanto la tua prima canzone, Better To Be, con quel suo ritmo di basso saturato che si riversa sull’innocua chitarra acustica. Fa venire voglia di tenere il tempo con qualsiasi oggetto capiti sottomano. La seconda traccia Second Chance, poi, è proprio ciò che il titolo suggerisce: ti do una seconda possibilità di stuzzicarmi con una divertente batteria simil-garageband e un cantato etereo che non si può negare, ti ritrovi a dover ripetere…”Remeber me / honestly I don’t / remember who you are”.
Però. Già lì cominci ad essere un pò troppo ripetitivo. Guarda: io ti darei anche il beneficio del dubbio, ma quando la tua voce si sforma su molteplici doppie voci, quando la chitarra acustica di sottofondo e la batteria sincopata si protraggono per altre 12 tracce, non trovo molti motivi per ascoltarti appieno. Sai, assomigli molto a cose già conosciute come Frames, Veils, Flaming Lips. Poi mi sovviene che sei figlio di Neil Finn, frontman dei Crowded House, e in effetti vedo che qualcosina deriva anche da lì, probabilmente perchè da qualche tempo suoni insieme alla band di tuo padre. Ecco, cerca di non essere uguale a nessun altro.
Questo è il tuo primo album solista e non è poi così male. E’ legato alla terra e genuino. Hai deciso di registrarlo interamente in analogico perchè fosse ancora un pò ruvido. E la ritmica è sempre trascinante. A qualcuno piacerai di sicuro. Il dubbio sul perchè di questo album però mi rimane, ma facciamo che continuerò ad interrogarti. Forse è questo a cui miravi? Un ascolto che duri nel tempo?

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