venerdì 3 ottobre 2008

Il mio diamante più splendente


Questa è la serata delle voci ammalianti. Quelle che con la sola loro presenza sono capaci di creare mondi.
Tutto ha inizio con Clare & the Reasons, “ragioni” di sicuro ben motivate da gorgheggi che conducono ai fumosi schermi americani del secondo dopoguerra; ma qui gli intenti sono altri, e la Nostra riesce a cinguettare con trasporto per almeno 5 minuti il solo nome “Obama”: non puoi che sorridere e prendere parte al gioco.
E mentre hai ancora nelle orecchie il suono della sua voce vellutata, ecco che il palco viene addobbato di bandierine a righe bianche e nere, i musicisti (sempre gli stessi) rivestiti di più baloccanti abiti da scena, e infine entra lei, Shara, la Donna Con la Acca Di Più, come poi sospirerà a luci spente.
Lo spettacolo, perchè di spettacolo si deve parlare, è qualcosa a metà fra il numero di magia di un circo e un reading di poesie. Ad un certo punto Shara nomina George MacDonald e il suo libro per bambini (At the Back of the North Wind), una storia - dice - per alcuni aspetti simile all’Alice di Lewis Carroll; qui si apre un mondo. Non puoi che convincerti del fatto che tutta la sua verve, il suo immaginario e soprattutto la sua musica siano votati ad un gioco con ciò che è surreale, romantico, giocoso, deformato, incantato…Una realtà alternativa, come il Paese delle Meraviglie di Alice.
Lo vedi negli abiti. Sono in stile anni Venti, ma un pò più neri e misteriosi…Il viso è dipinto di stelle e luna argentate, magiche. Come se si trattasse di un gotico passato da rivivere attraverso una di quelle palle di vetro innevate. Anche la sua musica è così, ricorda un cantato che esce rotto e incantevole da un vecchio grammofono, contrapposto però a basi sintetiche leggermente beat. Ed eccola infatti che si muove con disinvoltura fra campionamenti, marimbula, chitarre, distorsioni, mentre gli altri 3 musicisti che l’accompagnano - viola, violino e contrabbasso - giocano fra le possibilità dei loro strumenti pizzicandoli, strusciandoli, graffiandoli. Il polistrumentista Olivier Marchon tira poi fuori carillon e sega, e sembra di essere al concerto delle Amiina. Shara, eterea e dolce, si trasforma di volta in volta in grintosa rocker, bambina prestigiatrice (pensate, ha un coniglio nel cappello!), poetessa. Chiacchiera col poco pubblico presente - dopotutto è come aver incontrato la propria amica al pub sotto casa - e incita a supportarla con più energia. E come fare? Quando i suoni cominciano a dipanarsi, sei proiettato in un’altra dimensione. Solo a fine brano scroscia l’applauso, ti risvegli, e le vuoi dimostrare tutto il tuo apprezzamento. Il boato è tanto più disorientante dopo l’ultima mirabilia: ombre cinesi improvvisate dietro ad un semplice lenzuolo diventano due simpatici burattini innamorati: volano via assieme ad uccelli colorati, leggeri come la musica che ci trasporta all’uscita.



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