venerdì 3 ottobre 2008

Testare dischi


Mi diverto a testare i dischi su certe mie conoscenze: c’è quella che adora tutto quello che la fa muovere e ballare. C’è il suo compare che si infervora per chitarre movimentate e un pò funky, batteria sperimentale. Poi c’è quello che odia i colori, l’elettronica minimale, tutto ciò che strizza l’occhio al pubblico british-indie.

Ebbene, è bello vedere come ognuno di loro, gusti musicali molto diversi, reagisce alla radio che da ben 5 mesi sta mandando in onda quella canzone, Great DJ.
Mi sono affezionata alla canzone, e incredibilmente pure agli altri due estratti dell’album. Non faccio tempo a scoprire That’s not my name che mi ritrovo a canticchiare Shut up and let me go. E ascoltandoli insieme agli amici che li apprezzano (tanto per cronaca, tutti tranne l’ultimo), i tre si ritrovano nella nostra ideale compilation del 2008.
E va bene: 3 su 3 è un buon motivo per comprare l’album. Parigi. Fnac e Virgin (per non far torto a nessuno) fanno prezzi concorrenziali. Lo dico solo perchè mi sono tenuta le ingombranti etichette che ricoprivano la copertina. Giusto: visto che la grafica si rifà al collage e alla casualità, la confusione dei messaggi c’azzecca un bel pò. “De loin le meilleur groupe que l’Angleterre a produit depuis des années - NME”. “Inclus le tire Shut up and let me go, musique de la nouvelle pub i-pod”. “Includes That’s not my name and Great dj“. Babilonia. Però sono convinta. Mi piace farmi condizionare dal packaging.
Dei testi nel libretto non si capisce nulla. Il disco scorre, aspetto con ansia i miei gioiellini mentre il resto non lascia troppi segni. Mi rimane impressa Traffic Light, già nel titolo paradossalmente lontana dai ritmi incalzanti di una nuda chitarra, la giocosa tastierina, il testo ripetuto ipnoticamente.
We started nothing dura sui 6 minuti, e non ti stanchi di ripetere all’infinito “I started nothing I wish I didn’t” con una vocetta scanzonata che corre su due ritmici accordi in croce. Non serve molto per creare musiche intelligenti. Ma saper mettere in ordine i suoni, avere quelle piccole idee che illuminano il brano, per questo sì, ci vuole una sacrosanta furberia.


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