venerdì 9 dicembre 2011

Conigliette femministe?


Zampettare troppo per il popolato palinsesto televisivo alle volte fa più male che bene. Si finisce per diventare troppo esigenti. Ricercare riferimenti trame citazioni riprese fotografie musiche attori sceneggiature che sbalordiscano sempre più, ancora una volta, e via fino all'infinito.
Ciò non è male. Ma certe volte fa bene anche fermarsi, e godere del presente.

The Playboy Club è una serie senza pretese, classica, eppure stuzzicante. E' per questo che è stata interrotta dopo il terzo episodio. Dei cinque girati, gli ultimi due saranno i più preziosi, epici, introvabili. Presto scatterà la caccia al tesoro e si parlerà della serie come del lavoro mai compreso di un autore, Chad Hodge, mai uscito davvero dalla sua nicchia.

Lo stato della serie è ancora un sibillino "in lavorazione", l'unica speranza è che la faccia in barba ad altri esimi colleghi dalla fortuna meno comprovata...

In The Playboy Club c'è una speciale attenzione alla restaurazione storica, una cura del dettaglio - dal sonoro all'abito e al contorno sociale - che stimolano subito rispetto. La trama può non essere terribilmente originale, ma diventa subito godibile, avvincente a modo suo - e soprattutto: quante possibilità le ha dato il temibile share?? Poche, ahinoi.

Resta un'opera monca, triste nella sua incompiutezza. Reclamo qui a gran voce le ore che ho voluto dedicarle - assieme a quelle che sarebbero seguite: voglio ancora sognare le dolci e tristi conigliette, uccise dall'alleanza di un femminismo fuori moda e di una realtà che oggi (povere noi!) è ben più avvincente della finzione.

The Playboy Club, per chi è ancora capace di sognare. Senza troppi fronzoli.

martedì 16 agosto 2011

It won't be that easy, bitches


Non sarà così facile. No. Una trama non è, ma soprattutto non deve, essere troppo facile. Tanto più se stiamo guardando con gusto una serie che mette in scena un bel thriller adolescenziale.
L'idea è accattivante: ci sono 5 amiche, una scompare, poi è morta, e nel frattempo manda messaggi minatori alle sue best friends, firmadosi "A" come la defunta. Ah, com'è difficile essere BFF di questi tempi! Sotterfugi, segreti e bugie: un buonissimo condimento. E per di più, si rispolvera un vecchio tormentone: "Chi ha ucciso Laura Palmer? Chi ha ucciso Alison?". Chi è A?
Ah, dimenticavo: siccome l'occhio vuole la sua parte, vestitini ultima moda, trucco e accessori impeccabili, cellulari onnipresenti. Gossip Girl (un po') insegna.
Non è, però, così facile, no.
Personaggi e storie abbozzate che poi scompaiono, nomi che ritornano l'ultima puntata e non sai da chi siano stati riesumati (chi diavolo è Garreth?? com'è che si diventa poliziotti a 16 anni?), intrecci amorosi banali (la storia insegnante-alunna: chi glielo dice che il problema è, tipo, anche il fatto di uscire con una minorenne??) o piantati a caso (Alex e Spencer: "ti lascio, non credi che io sia all'altezza della tua famiglia", "ma no, non ho mandato io la mail", "non ti credo", "ah, va bene") o paradossali ("sono accusata di omicidio, ma hei, trovo il tempo di uscire col mio nuovo boy!"). Forse sono io a non essere più spensierata e immatura come una teenager, o forse è la serie che, nel tentativo di guadagnare appeal, si perde qualche pezzo qua e là.
O forse ancora, sto montando una scenata perché alla fine della prima stagione speravo di scoprire chi è la fatidica A. In fondo il giallo c'è, la suspance è grande, e non so se resisterò a seguire altre 22 puntate di enigmi. Ma lascia un amaro in bocca, questo telefilm: è come vedere un remake di Twin Peaks, col difetto di sapere già come andrà a finire: un garbuglio di spiegazioni paradossali e paranormali, quando il capolavoro era la prima, inimitabile, autoconclusiva, prima serie. Un lungo, intenso film che alla fine deve trovare compimento.
Avrei preferito una maggiore aderenza all'originale, ma hei, siamo nel 2011 e non è mai tutto così semplice.

martedì 19 aprile 2011

Cruel, cruel nature



Finalmente. Ecco una delle mie preferite. Anche se è difficile scegliere, anche se è un peccato mettersi a scegliere.
Adoro questo progetto, colleziono pepite e raccolgo i 12 piccoli pezzi confezionati da Seamus Murphy. Penso che sì, è un peccato ingabbiare l'immaginazione di un disco - un disco complesso - negli occhi di una sola persona, eppure è come se si sapesse già, questo nuovo mondo creato da PJ ha bisogno di aiuto, e direzione, e discussione.
Prendiamola come sfida.
Vi aspettavate tutto questo?

giovedì 17 febbraio 2011

Back in black




Seconda sera sanremese, gli stili cambiano, le intenzioni rimangono.
Non posso fare a meno di soffermarmi sullo stile Tatangelo, che non è poi così malaccio. In radio ieri si è un po' sminchionata: "non ho scelto nulla, ho fatto fare ad altri perché volevo concentrarmi solo sulla musica". Forse era meglio se ti fermavi al look, guarda.




La Patti-aliena non sfigura, al suo debutto. Peccato per la canzone, per la mise della seconda serata, per la faccia.
Le nuove, giovani proposte non possono non cedere anche loro alla tentazione:




E per finire in bellezza, volevamo mica perderci pure la super presentatrice-cantante in erba? Stile black rock anche per lei! Impossibile cantare senza.


mercoledì 16 febbraio 2011

Se non ti tingi i capelli di nero, te li schiaffi in faccia. Perchè è rock.







Oppure ti fai gli occhi neri e diventi una via di mezzo fra Avril Lavigne e la cantante dei Paramore.....