lunedì 1 ottobre 2012

Salvare i remi




Certi dischi sono costruiti attorno ad una sola traccia valida. Dischi pop, per lo più. Dove è consuetudine il riempitivo.
Da lei, ecco, non me lo aspetto mai. E si ripete invece puntualmente. La scialuppa di salvataggio c'è sempre, per fortuna. Te la cavi comunque, oh Regina.


mercoledì 26 settembre 2012

Le donne che leggono sono pericolose




Cose da fare quando sei costretto sul divano per un piede rotto. Mi decido per cose palesemente oziose: recuperare tre stagioni di Fringe, leggere tutta la saga delle Cinquanta sfumature, iniziare quella di Millennium. Dove 3 è sempre il numero perfetto.

Meno perfette, le presentazioni editoriali nascoste sul retro o sulle fascette, su cui lo sguardo si ferma quando indugia fra un pagina e l'altra:
1.
"Cinquanta sfumature è il romanzo erotico che ha elettrizzato tutte le donne d'America: hanno diffuso il verbo su Facebook, in palestra, a casa, con le amiche, con i mariti..." (New York Times)
2.
"500.000 copie. Un fenomeno editoriale unico, un best seller alla Codice da Vinci o Harry Potter tutto basato sul passaparola" (Stefano Montefiori, Corriere della Sera).

Passi la prima, sapevo in cosa mi stavo cacciando: un harmony dei nostri tempi, descritto in maniera  convincente dal quotidiano di NY, ma che lascia intravedere la sua bava lumacosa sul fenomeno. Si potrebbe facilmente tradurre con "libretto per donne qualunque che hanno bisogno di storie piccanti". E la lettura lo conferma.
Poi però si torna indietro al 2008, anno della tredicesima (!!) edizione italiana di Uomini che odiano le donne. E il dubbio viene.
Così si promuove l'editoria? Il passaparola come valore? E l'opera d'arte che fine fa?

Ovvio, i dati numerici sono più parlanti. I confronti rendono chiaro lo scenario. Forse anche nell'Ottocento ci si scambiava il libro di Mary Shelley perché faceva scalpore. I romanzi venivano demonizzati perché facevano venire strane fantasie in testa alle donne. Le donne che leggono sono pericolose.

Eppure alla fine mi chiedo: perché sto leggendo questo libro? Me l'hanno consigliato. Allora ha più valore un'amica o due rispetto ad un critico, che dovrebbe sapere quello che dice? Nell'epoca di Anobii, probabilmente sì. Ma fa comunque molta paura vedere la logica del commercio che non riesce a trovare altri appigli che non il fenomeno.
E probabilmente sarà una questione su cui ben altri studiosi e semiologi han detto e ridetto - questa è solo un'altra opinione.

(see also)

domenica 19 agosto 2012

Dischi di sapone





Dischi.
Viverli, non sentirli. Capirne il segreto. Come questa Soap & Skin che cerco di amare perchè qualcosa mi dice che è mia.
(pausa) (silenzi e piccoli suoni)
Ma cosa?

Capita troppo spesso che mi attiri il personaggio, il tono, i suoni. Ma non oltre. Cosa vuol dire, che non è vero amore?
O non è piuttosto mancanza di costanza, di profondità?

Viva questa oscurità, questo piano complicato. Le mie parole semplici per una poesia difficile.

I momenti pacati nella mia cantina infantile. Che è tornare indietro a quando ero acerba, insicura, e mio padre c'era, e i dischi li ascoltavo, e i libri di magia li divoravo.

Un continuo déjà-vu di vecchie estati finalesi.
Non voglio perdere il ricordo.
Non faccio niente, niente di utile e lascio che il tempo passi.
Come una volta è già passato.
Coi suoi segni.

Ma stavolta riposo.
È quindi tempo di musica.

sabato 18 agosto 2012

It's the same old theme





E' dal 1916 che si tentano riduzioni cinematografiche di Biancaneve. E' dal 1812 che è stata scritta. Ed è da sempre, che viene tramandata.
Eppure noi avevamo bisogno di un'altra versione. E ancora e ancora.

Quest'anno abbiamo avuto ben tre versioni diverse. Quella col cacciatore - in cui il cacciatore doveva aprirci a strabilianti nuove verità sulla storia. Quella con Julia Roberts, che solo accidentalmente è la regina. E quella in serie, dove la protagonista vive nel mondo reale e non ricorda più chi è.
Questo è l'anno di Biancaneve.
E' l'anno in cui tradiamo il passato, o quello in cui lo rivogliamo con noi?
E abbiamo così tanto bisogno di principesse guerriere - davvero?

Sono passati due secoli, e ancora non abbiamo imparato che gli specchi deformano, e la vera bellezza è solo negli occhi di chi guarda [lo schermo].

Alles Gute, Schneewittchen.

venerdì 20 aprile 2012

Solo un'altra Polly


Questo è un bel ritorno, Amanda con la sua nuova Grand Theft Orchestra. Nulla di stravolgente, solo l'ennesima cover dei Nirvana. Eppure. Sarà (solo) l'accoppiata audio/video che mi smuove. Sono comunque piacevolissime sorprese.
Le si trova anche per il Record Store Day.


lunedì 2 aprile 2012

L'ottimismo dei classici



Leggere i classici serve eccome. Anche davanti ad un cartone (o anime, che fa più nerd e meno infanzia) cuccioloso come Il cuore di Cosette, traduzione italiana immancabilmente infantile de I miserabili: la giovane Cosette. Già, I miserabili di Victor Hugo. Quel mattone capace di spaventare orde di studenti. Quel libro fantastico che mi ha fatto adorare uno scrittore capace di avvincerti con 100 pagine sulle fogne di Parigi. Il piacere è stato istantaneo.

Si parlava a tempo perso del nuovo cartone su Italia Uno la mattina presto: l'ennesima orfanella maltrattata dai genitori adottivi e dalle sorellastre, che però guarda sempre con un sorriso e del sano ottimismo alla vita. Anche quando la bastonano (cit. marnie). Disegni attuali, e solo un fugace ricordo agli intrattenimenti di quando eravamo bambini.
Poi si scopre che uno dei personaggi è Jean Valjean: link diretto al file, interesse spedito alla vicenda. Chi è Cosette? Perché è protagonista? Sarà davvero quella vecchia storia, ad essere raccontata?

Ebbene sì. Tralasciamo gli amichetti della bambina, il linguaggio stupidamente pomposo, gli episodi alla Lovely Sara, il cane gigante alla Belle et Sébastien. Il punto di vista è ribaltato, non si parla di Jean ma di Cosette. E sapete cosa? Ha perfettamente senso. Corro a ripassare l'intreccio, cerco di ricordare, ed ecco che il fil rouge di tutto il racconto è l'orfanella sventurata: grande merito agli sceneggiatori.



E poi c'è questa immagine: primo episodio, finale. A Cosette, 4 anni, viene data una scopa enorme per ramazzare. Altro che Cenerentola, il passaggio è scarno e veloce, e non lascia il tempo di piangere una sola lacrima, anche se è così brusco che ne percepisci l'orrore. Corri allora a cercare su Wikipedia, ed ecco l'immagine corrispondente, quella già famosa di Ѐmile Bayard. Stupefacente. E' come se ciò che guardiamo oggi, con occhi abituati a stupide storie e riciclaggio dell'inutile, riacquistasse tutto il suo senso: le immagini si parlano fra loro, i media si rincorrono, la nostra fantasia non si esaurisce mai.


mercoledì 14 marzo 2012

Quanto mi piace comprare con la musica nelle orecchie





Nella mia testa ho creato una cartella che si chiama "Musica da camerino". E' la spazzatura che ascolto ogni volta che entro in un negozio-discoteca e che noto nel momento in cui mi ritrovo sola con la mia merce in prova e devo decidere se mi piace o meno. E' lì che mi accorgo di quanto la colonna sonora possa influire sui miei consumi. Soprattutto nei due casi estremi in cui o ballicchio contenta con addosso il mio prossimo acquisto, o scappo infastidita dal baccano.

Per fortuna che qualcuno ha cercato di renderla un oggetto di attenzione scientifica. Mark up ci presenta una ricerca interessante condotta dall’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, e il risultato è che la musica troppo famosa non fa bene per niente. Finisce sì che ci mette di buonumore e vitalità, ma il risultato non si traduce in grande possibilità d'affari: poca determinazione all'acquisto, scarsa attenzione al negozio, voglia di rimanere nel posto pari a zero.

Sarei curiosa di sapere cosa è stato proposto come "musica conosciuta", perché nel mio immaginario è tutta da ricondurre ad una tipologia che poco ha di artistico, dimenticandomi per un attimo che la migliore selezione mai sentita dalle presenti orecchie è quella di Oysho - poco conosciuta dalle masse, ma molto da me.

Nella speranza, insomma, che il negozio-discoteca non prenda piede più del necessario, mi conforto con queste conclusioni. E ora vado a comprarmi un bel paio di scarpe.


Loro sì che riescono ancora a sorprenderci



E' giunto il momento dell'ennesimo video degli Ok Go, Needing/Getting. Di loro si parla solo per questo, no? Se ripenso al primo esperimento, a cosa ha rappresentato, per il mondo del videoclip, non posso che pensare di prostrarmi ai loro piedi per quell'enorme coerenza che dimostrano e per la loro crescita in termini di intenti e Ricerca con la "r" scritta proprio così.
Dopo il video che distruggeva le regole dell'artificio (camera fissa, tapis roulant e tanta inventiva), e dopo aver sperimentato con le possibilità optical dei colori su schermo con WTF, si arriva al secondo grado d'evoluzione: This Too Shall Pass nella sua versione "macchina di Rube Golberg" è una gioia per chiunque, condiviso a manetta su tutte le paginette facebook gridando al capolavoro (34 milioni di visualizzazioni contro le 12 di Here It Goes Again, tanto per dire). Continueranno poi rimaneggiando la stessa idea: colori American Apparel per End Love, o (quelli che si scriverebbe) #canicarini per White Knuckles, e via così con la forza delle coreografie accattivanti.

Oggi però siamo al terzo stadio. Se prima la forma visiva distraeva un bel po' da quella musicale (anzi, diciamolo: del tutto), qui siamo alla fusione completa. E' il video che fa sgorgare la musica. Avevamo già avuto dei timidi accenni, delle idee sparse qua e là, con This Too Shall Pass e White Knuckles. Ora siamo alla consacrazione. L'idea di un'auto che si suona da sola, e che suona oggetti, durante il suo percorso, è straordinaria. Note di produzione segnalano i 1.000 strumenti musicali usati, i 2km di percorso, e il record di visualizzazioni in un giorno. Ma direi di guardarsi, semplicemente, il backstage. Dirà tutto.

Quello che stupisce è la poca risonanza, visto il progetto, avuta nell'ultimo mese. Quasi come se ci fossimo abituati nel farci stupire dagli Ok Go, e il loro gioco non fosse più capace di sorprese. Bene, signori miei: è il caso di riaprire gli occhietti e ricominciare a pensare al fantastico rapporto vista-udito. Un'unione che non smette mai di sorprendere.

lunedì 20 febbraio 2012

Piovosità*




Oggi che piove, è il momento giusto.
E' il momento migliore per un epitaffio - oggi che il clima corrisponde al mio mood meditativo e riflessivo. Oggi che Vitaminic pubblica la sua fine inevitabile. Oggi che si conclude una parte della mia vita.
Di parole se ne dicono tante, e tutte piene di ricordi meravigliosi. Sembra un mondo bello, quello che è stato condiviso a Vitaminic. E lo era. Ma non mi voglio soffermare su alcuni ricordi piuttosto che altri, perché c'è chi sa farlo meglio di me. A me spetta la lirica, il sogno e il ricordo.
A parlare dei rapporti fra le persone (rapporti digitali, ma non per questo meno reali), vien spontanea la parola "famiglia", anche se non è per niente la parola giusta. Non era una famiglia. Era un insieme di menti creative volte allo stesso scopo. Ci si conosce anche solo attraverso le parole. Parole che, dopotutto, vedi impresse sul tuo schermo. Ed in questa sinestesia di esperienze - vista, ascolto, tatto - ho vissuto imparando, facendo, ascoltando, sperando, collaborando…
Ho imparato tanto, nel mio fantastico angolino. Ho dato sfogo a tutta la mia creatività guardando a fuori, al mondo - dal mio angolino. Ho vissuto una bellissima esperienza, ed è ora di uscire dal mio angolino.
Grazie, però, per tutto quello che è stato.
Farewell, Vita/me/nic. Ti storpio perché ti ho tanto amato.



* titolo di marnie

Un concerto, le età della vita


Un concerto che ripassa le età della vita. Che detta così sembra una figata, ma non prendetemi troppo sul serio: intendo qualcosa di più intimo, semplice e modesto. Questa sera ho rivisto i fantasmi del mio passato, ricordi che han fatto di quel concerto una bella esperienza, dopotutto.
La scusa è l'esibizione live for the first [si dice sempre così] time from Berlin, Germany, please welcome to Missincaaaat. Ok, scherzi a parte sull'osannazione del cervello scappato: suona Missincat. Lei, per chi cercasse di orientarsi e me ne chiedesse numi, si distingue precipuamente per: a) vocettina flebile flebile, b) chitarrina, c) atmosfere farfallose con le nuvolettine bianche. Ed è da qui che parto, dal sentirsi bambine. E' una cosa di cui forse non ci si dovrebbe vergognare, no? Però la mia parte cinica se ne è sentita un po' irritata, nonostante si sia voluta ricredere sulla piacevolezza dei suoni messi in campo: un concerto amabile, che accompagna con piacere la fine del weekend. Le diamo un buon voto e passiamo oltre. Facciamo un passetto indietro: il warm up di Lavinia! (il cui ! già mi incasina con la punteggiatura e ci devo mettere due parentesi per dividerla dai due punti): l'adolescenza. Con questo termine si racchiude un'infinità di cose, di sentimenti, di prime esperienze. Ma qui, s'intende io-giovane-ai-miei-primi-esperimenti-con-la-chitarrina. E sto cercando vivamente di non risultare offensiva, anche se mi costa una certa fatica. Dunque. Io. Ai miei tempi me ne stavo abbracciata alla mia chitarra, provavo due accordi, ci mugugnavo sopra qualcosa, mi sentivo la nuova stella del rock, presa nell'euforia dei miei gorgheggi blues. Oh yeah. Poi il momento finiva, e forse è una mia tremenda mancanza di autostima, ma non avrei mai pensato di mettere a parte di quegli esperimenti un palco intero di una città lontana lontana. Avrei fatto prima un buon labor limae (perché studiavo, eh), mi sarei riascoltata dal registratorino che sai, magari la mia voce non è 'sto granchè, e…cose così. Ma invece, stasera è come se qualcuno mi avesse spedita là, su quel palco, senza preparazione. Per fortuna che ho (ha) la precauzione di spiegare "l'ho scritta a 13 anni, abbiate pietà". Ok, io di pietà ne sono piena, ma crediamo davvero che sia opportuno suonare abbozzi di cose in cui neanche tu credi? Un minuto di silenzio per la riflessione.

giovedì 16 febbraio 2012

L'interesse P



L'effetto Pinterest è una concreta minaccia al mio portafoglio. Attenzione, oh voi che entrate!

Finora il mio profilo se ne stava un po' in disparte come la famosa particella di sodio: c'è qualcuuuuno?!! E poi boom! Appaiono addirittura i fatidici bottoni "condividi con". Tutti ne parlano, tutti si aggiungono. Ci si chiede perfino che differenza ci sia con Tumblr. Domanda che in effetti, per come lo uso io, Tumblr, ha del potenziale: bravi. Le recensioni (ormai si recensisce tutto) dicono che il punto di forza è nell'attRacco visivo all'attenzione altrui: basta con le parole, vogliamo suggestioni. Vero.

Ma qualcuno si è reso conto del pericolo per le nostre già labili finanze? Da parte dei consumatori, intendo. Aiuto. Ogni cosa che vedo è un possibile oggetto del desiderio. Anzi, di più: io la voglio possedere.

Scommetto che a breve ci faremo pure la lista nozze.
E con tutti i matrimoni che mi stanno spuntando fuori, non sarà così male.
Se non che per il mio portafoglio.