mercoledì 4 settembre 2013

GLI ZOMBIE SIAMO NOI




Restare a Milano d'estate. E ti ritrovi a pensare agli zombie, parlandone con un altro esperto e, perchè-no-diciamolo, sociologo, qui detto G*, grazie al quale ho integrato qualcosina del mio articolo. Qui la discussione completa.


Quest'estate abbiamo visto il nuovo World War Z di Brad Pitt, coi suoi zombie superpotenti che corrono come missili e creano montagne umane alte dei palazzi. E se i concetti di "zombie-che-corre" e "virus" erano già stati affrontati ampiamente sul grande schermo, è a quello piccolo che ci rivolgiamo per capire che cosa diavolo sta succedendo.

Partiamo dalla regola fondamentale. Gli zombie ti mordono per mangiare, divorarti, spolparti ben bene fino all'osso. Il principio-cardine è cercare bulimicamente di impossessarsi della forza vitale (dell'anima e dello spirito) dell'essere vivente, cosa che egli ahinoi non ha più: il mordicchio fugace che tenta la diffusione del morbo è del tutto insensato, capite?! Eppure noi ce lo spieghiamo così, come un virus. Pensiamo forse che, essendo qualcosa di scientifico, possiamo sconfiggerlo. Illusi.

E arriviamo alla sociologia spicciola. Stando al recente blockbuster, i nuovi morti viventi hanno preso il posto degli alieni cattivi e invasori. I vampiri, altri non-morti, sono ormai diventati nostri amici e amanti. Ma è degli zombie che abbiamo ancora paura. Perché il pericolo non è fuori, ma dentro di noi. Era/è umano, e in un certo senso non lo è più. Non usa il suo fascino conturbante per avvicinarci e distruggerci: fa schifo, sa di sangue e putrefazione. Siamo un po' pessimisti, insomma.

Secondo Walking Dead siamo già tutti infetti: muoriamo, e diventiamo automaticamente degli zombie. "Quando non ci sarà più posto all'Inferno" è la citazione (religiosa, a-scientifica) ricorrente della filmografia del genere. E' questa la risposta? No, ormai il pericolo è un altro: mentre lottiamo per la sopravvivenza, diventiamo sempre meno umani di prima. Lo zombie è dominato, è uno stato di fatto. Ora sono gli uomini a farsi la guerra, rinchiusi nelle loro prigioni (letterali o meno).

Di prigioni parla in qualche modo anche Dead Set. Chi sono gli zombie, gli spettatori, i protagonisti del Grande Fratello, o il medium stesso? Possiamo davvero stabilire una concreta differenza?

Il dopo, la convivenza, è sempre più il punto d'attenzione. Al diavolo Brad Pitt che fa l'eroe: la miniserie britannica di 3 episodi In the Flesh ha già l'antidoto e non se la mena per questo. Sono i vivi, il vero problema: non si fidano, e non sanno come convivere con gli zombie curati - ovvero il diverso. Una diversità soprattutto sessuale (il protagonista è velatamente gay), che parla per metafora di problemi mica fantastici, ma attuali, nostri. L'unica cosa che possiamo fare è combattere ad armi pari la vera disumanizzazione, quella che ci ha contagiati tutti: siamo già zombie, ragazzi.
Ed è ora di svegliarci.

da Toylet.it




Gh!
Aldilà del fatto che mi rubi la sociologia spicciola... mi piace!
Peccato tu abbia già sforato... Ci stava un bello sviluppo del confronto vampiro/zombie. E anche una considerazione sul fatto che lo zombie è sempre un pretesto per la denuncia sociale. Ma poi, in Dead Set, gli zombie sono i concorrenti del GF o gli spettatori? Chi si salva? Alla fine, nessuno, siamo tutti dentro la stessa macchina di annichilimento e semplificazione degli istinti e dei bisogni (creati altrove). Il media non media, non è mezzo del messaggio ma messaggio, è un circuito autocelebrativo e autoriprodotto in cui tutti siamo zombie del sistema: guidati da una fame incontrollabile di vita altrui.

Su Walking Dead hai centrato l'obiettivo: il problema è - spicciolamente e sociologicamente parlando - cosa succede quando un gruppo è sottoposto a una pressione di sopravvivenza? Quali sono i meccanismi di regolazione della comunità di fronte al pericolo del cambiamento? In TWD è chiaro che la società odierna ha perso la capacità (se mai l'ha avuta) di affrontare la perdita, che poi è la trasformazione di un suo membro in qualcosa di nuovo, più che diverso. In ogni caso, la seriegrafia sugli zombie è strettamente correlata all'incapacità, tutta attuale, di affrontare la morte: loro non muiono mai davvero - che poi, anche i vampiri, aldilà del mito dell'immortalità e dell'eterna giovinezza. Tutto ciò che è mostruoso ha a che fare con la negazione della scomparsa: persino in American Horror Story ci sono presenze nei luoghi dell'azione. Lo scandalo dell'assenza e della scomparsa (definì così l'evento morte l'antropologo Ernesto De Martino nel meraviglioso Sud e magia) non è elaborato, resta sempre qualcosa, altro che amabili resti

Che poi lo zombie sia walking (minaccia di sfondo) o running (nemico aggressivo), la solfa cambia di poco. Se Brad Pitt li annulla per vie mediche, da quel che ho capito, buon per lui. [Mi riservo di vedere questo filmone piratescamente, comunque.] Tra l'altro anche in TWD c'è quest'alone virulento, per fortuna poco sviluppato. Leggendo di In the flesh mi è comunque venuto in mente Warm Bodies, il Twilight dei morti viventi, ma si parla di grande schermo e quindi off topic to go!




Ghghghgh, fantastico!!!
Prima di tutto, sì, la sociologia è spesso citata a caso e lo so, ma che ci vuoi fare: voi parlate di tutto - o quasi! E infatti il tuo contributo è molto più scientifico del mio quando parli di " meccanismi di regolazione della comunità di fronte al pericolo del cambiamento". Era quello che volevo tirar fuori :)

E tutti gli argomenti correlati sono una miniera: i media, il concetto di morte e immortalità, il districarsi fra serie, libri e film. Film sempre molto presenti, ma che purtroppo fanno parte di un'altra rubrica e quindi evito di parlarne troppo. Però è vero: Warm Bodies è l'equivalente di Twilight per gli zombie, è come se si arrivasse allo stesso punto di tentativo di accettazione del "mostro". Se non che un film apocalittico coi vampiri non c'è esattamente. Esiste Io sono leggenda, ma trattasi più di una distopia. Se poi dovessimo guardarci tutti i film con gli zombie, finiremmo fra 10 anni. Guarda su Wikipedia!

E' bello parlare di queste cose, analizzarle, perché si capisce tanto del nostro presente. Per i vampiri c'è sempre stata una spiegazione religiosa/psicanalitica/politica. Mi ero scritta qualcosa anche sugli alieni (e quanto si potrebbe parlare degli alieni!): c'è stato un fortunato filone negli anni '50, per cui non erano altro che la maschera dietro cui nascondere i fantasmi della Guerra Fredda: con L'invasione degli ultracorpi si esorcizzava la paura dell'Altro-uguale-a-noi, dove gli alieni non erano omini grigi con le antenne, ma cose del tutto uguali all'essere umano. Un po' come in Visitors ;) Lo stesso facciamo oggi, con mostri umani-non-umani sfornati in continuazione: prima i vampiri, ora gli zombie, e domani forse le streghe. [Per queste mi riservo di aspettare AHS Coven, perché insomma, le streghe non fanno troppa paura, oggi. Chissà cosa ne viene fuori. Ad ora AHS è stato più un compendio, un almanacco di mostri. In questo è forte: non si inserisce in un flusso, lo crea]
Oggi, qualunque cosa ci fa paura e il tratto comune è la disumanizzazione. Non siamo per niente ottimisti, ci scegliamo sempre cose brutte, cattive, oscure, per parlare di noi stessi. Ma non andiamo troppo oltre….

Guardati In the Flesh - 3 puntate, tutte british, che ho finito ieri sera. Mi ero dimenticata che il protagonista e il suo "oggetto del desiderio" sono omosessuali: alla diversità di essere zombie si aggiunge quella sessuale, e i problemi che i due devono affrontare diventano nient'altro che quelli che conosci bene. In più, solleva tante altre piccole riflessioni che affascinano (Essere zombie non è un bene per i malati terminali che così hanno una seconda chance? Sei invincibile: è una minaccia o un'opportunità? E perché cammuffarsi? Bisognerebbe essere se stessi, sempre. Il senso di colpa è giusto? Ti puoi fidare di qualcuno che sai pericoloso? Le donne, le madri, sono le custodi delle emozioni e capiscono tutto ma non hanno potere di far nulla, mentre gli uomini, i padri, rimangono immobilizzati dalle loro paure. I giovani, con questi esempi, non sanno che pesci pigliare. E muoiono).

Insomma, bello.
 

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